Quartetto d'archi nº 2 in re maggiore
Ricercatore chimico di professione, Borodin considerava la musica esclusivamente un hobby. Acquisì buona parte della sua abilità autoriale suonando il violoncello, imparato da autodidatta, con il quale si divertiva a eseguire quartetti e altre opere da camera di compositori quali Haydn, Spohr e soprattutto Mendelssohn. Sviluppò la grazia e il fascino melodico tipici del maestro di Amburgo in qualcosa di unico e personale, come dimostrano gli intriganti motivi del suo Quartetto per archi n. 2. A differenza di molti dei suoi lavori, questo fu scritto senza interruzioni, nell’arco di due mesi nel 1881. Lo dedicò alla moglie, forse come regalo per il ventesimo anniversario del loro incontro: può essere che il carattere affettuoso del brano sia un rimando proprio ai giorni in cui conobbe la sua futura sposa e iniziò a corteggiarla. Il primo e il terzo movimento presentano ciascuno una linea cantabile introdotta dallo strumento di elezione dell’autore. Questi frangenti sono completati da un leggero scherzo, nel secondo, e da un finale che, dopo un inizio misterioso, svela rapidamente il suo lato giocoso.