- SCELTA DELLA REDAZIONE
- 1964 · 37 tracce · 3 h 35 min
Parsifal
WWV111
“Il tempo qui diventa spazio”. Questa è la tanto celebre quanto enigmatica battuta immortalata nel Parsifal (1882), opera finale di Wagner collocata in una dimensione fantastica che si discosta forse da tutta la sua produzione. L’azione si svolge nel mitico regno del Graal, sacra fonte di luce e vita, custodito da cavalieri che stanno tuttavia fallendo nella loro missione; complottando contro la confraternita, il mago Klingsor ha inferto a re Amfortas una ferita lancinante e insanabile, che potrà essere guarita solo da un’anima pura. Sarà Parsifal, il giovane e folle impulsivo che si aggira nella foresta, la persona adatta allo scopo? Il compositore intreccia la propria rivisitazione della leggenda del Re Pescatore con fili ricchi e complessi, includendo allegorie cristiane, il misticismo buddhista e la filosofia di Schopenhauer. Tuttavia, egli veste l’intera partitura in una musica diversa da ogni nota scritta fino a quel momento, lirica luminosa ed espansiva, sondando le profondità dell’angoscia e la dolcezza della redenzione in un suono orchestrale che Debussy definì “illuminato dall’interno”. Riferendosi al lavoro come a una “festa drammatica sacra”, l’autore intendeva che ogni rappresentazione doveva essere un’occasione speciale. Il modo in cui mette alla prova pubblico e interpreti dimostra che le cose non sono cambiate. Difficile, quindi, rimanere indifferenti di fronte a brani quali ‘Incantesimo del Venerdì Santo’, tra i momenti che offrono solo un assaggio di una superlativa forza trascendentale.