Bach, Paganini, Ysaÿe: per chi intraprende lo studio del violino nella musica classica, questi tre compositori sono intoccabili monumenti di tecnica e maestria dello strumento. Se i primi due sono però da sempre nomi familiari, quella del virtuoso belga è una figura decisamente più oscura alla maggioranza del pubblico.
Con letture di tutte le sei sonate per violino solo di Ysaÿe iniettate dell’assoluta convinzione che ognuna di esse sia un gioiello, il nuovo album della violinista americana Hilary Hahn mira a mutare tale percezione.
“Per chi suona il violino, queste composizioni fanno parte del repertorio standard: a un certo punto della propria carriera, chiunque ne ha suonata almeno una”, commenta Hahn. “Ma affrontarle tutte insieme come un progetto intero rappresenta una situazione da specialista, perché se non si possiede un legame con l’espressività intrinseca di questi lavori, è davvero difficile trovare il flusso per interpretarli. Non si suonano da soli”.
Anche se scoprire i segreti delle sonate di Ysaÿe può non essere facile, Hahn parte con un vantaggio non da poco: il suo insegnante al Curtis Institute di Philadelphia è stato Jascha Brodsky, egli stesso allievo del musicista a Parigi negli anni ’20. La stringa del DNA musicale che collega la violinista con la produzione del compositore è, dice, potente e non interrotta.
“C’era qualcosa di prodigioso nell’ascolto delle incisioni di Ysaÿe in studio durante la lavorazione di questo disco”, racconta. “Mi sono resa conto che, in qualche modo, stavo suonando in maniera simile a lui più di quanto avessi mai fatto prima, e sono davvero orgogliosa della discendenza diretta che ho con la sua musica, grazie al mio maestro. Il fatto che siano passati esattamente 100 anni dal momento in cui Ysaÿe ha concluso questi lavori è stato un altro importante motore del progetto”.
La naturale identificazione di Hahn con il linguaggio di Ysaÿe è evidente nei vivificanti passaggi a corde multiple del finale della Sonata n. 1 o nei giocosi glissando ascendenti e nei pizzicati della ‘Danse rustique’ nella Sonata n. 5. È la stessa Hahn a segnalare ‘Malinconia’, dalla Sonata n. 2, come un movimento dal significato speciale a livello personale. “È un movimento brevissimo, ma amo il modo in cui prende vita, con una sensazione melodiosa, eppure in qualche modo sospesa nel tempo”, dice. “All’inizio, il violino ha una sordina. Puoi entrare dentro di te e ti spinge ad andare sempre più in profondità. Potrei vivere in questa dimensione per settimane: è lenitiva e purificante e mi fa stare bene nell’anima”.
A chi si approccia per la prima volta alle sonate di Ysaÿe, Hahn promette un’esperienza d’ascolto sostanziale e affascinante. “Sono brani davvero dinamici, mutevoli e impulsivi, per cui è difficile tenerli semplicemente in sottofondo”, assicura. “Giocano con la struttura in un modo veramente interessante, sono avvincenti e ti attirano immediatamente”.
L’effetto è, aggiunge, “ipnotico: non inducendo una calma meditativa, ma portandoti all’interno e facendoti girare intorno, mescolando insieme sentimenti e sensi. È musica molto emozionale, che con l’audio spaziale guadagna un carattere davvero avvolgente. È assolutamente magica e me ne sono innamorata ancora”.