Adagio in sol minore

Mi  26

Con una fama dovuta principalmente all’ammaliante Adagio per archi e organo, brano che in realtà non ha mai scritto, Tomaso Albinoni è suo malgrado protagonista di una singolare vicenda nel campo della composizione. Il XX secolo ha visto proliferare una serie di truffe musicali relative alla presunta riscoperta di partiture barocche e classiche considerate perdute, come ad esempio il concerto per violino noto col soprannome di Adélaïde attribuito a Mozart, inserito perfino nel catalogo ufficiale Köchel e registrato da Yehudi Menuhin, prima che il violinista e autore francese Marius Casadesus ammettesse l’inganno nel 1977. L’Adagio di Albinoni ha fatto la propria comparsa nei tardi anni ’50, quando il musicologo Remo Giazotto (che aveva condotto ricerche sulla biografia dell’artista veneziano) ha annunciato di averlo ricostruito a partire dal frammento del movimento lento di una sonata in trio rintracciato nella collezione della Biblioteca di Stato Sassone di Dresda, dalla quale non è tuttavia mai arrivata alcuna prova della sua esistenza. Mai prodotto dallo studioso, il documento è rimasto irreperibile anche dopo la morte di quest’ultimo, oggi pertanto ritenuto l’artefice del pezzo.

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