- SCELTA DELLA REDAZIONE
- Voli astrali e scene maestose nel repertorio di un maestro.
Gustav Holst
Biografia
Collega di Vaughan Williams, Gustav Holst si è imposto come pilastro della classica inglese, influenzando con vitalità ritmica e peculiari scelte armoniche e strumentali una schiera di nomi, da Tippett a Birtwistle, passando per Britten. Nato a Cheltenham nel 1874, fin dall’infanzia è stato penalizzato da una salute cagionevole, che lo ha portato a imbracciare il trombone per controllare l’asma. Dopo aver ultimato la formazione musicale, ha avuto modo di maturare un’esperienza inestimabile cimentandosi con i lavori di Richard Strauss, sotto la direzione dello stesso compositore. Altra importante risorsa si è rivelata l’opera di innovatori russi e francesi come Borodin, Rimsky-Korsakov e Ravel: la prima serie di Inni corali dal Rig Veda (1908-12) ha anticipato le sperimentazioni di Stravinsky su ritmo e orchestrazione. Tuttavia, la più grande dimostrazione delle indubbie doti orchestrali è la suite I pianeti (1914-16). La celebrità conquistata attraverso questa impresa lo ha portato ad adottare uno stile più essenziale e conciso, esemplificato nel poema sinfonico Egdon Heath (1927). Nel tepore delle 12 canzoni popolari gallesi (1931) e nello squisito ‘O Spiritual Pilgrim’ (1933) risplende una creatività pionieristica, sostenuta dall’allegria sardonica dell’ultima opera The Wandering Scholar (1930) e di uno “Scherzo”, unico movimento completato di una sinfonia in fase di realizzazione prima della morte, poi sopraggiunta nel 1934 all’età di 59 anni.